martes, 30 de noviembre de 2010

Mensaje del Santo Padre Benedicto XVI a su Santidad Bartolomeo I, Patriarca Ecuménico

A Sua Santità Bartolomeo I
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca Ecumenico
È con grande gioia che in occasione della Festa di Sant’Andrea Apostolo, fratello di San Pietro e Patrono del Patriarcato Ecumenico, Le rivolgo questo scritto, affidato al Venerato Fratello il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per augurare a Vostra Santità, ai membri del Santo Sinodo, al clero, ai monaci e a tutti i fedeli abbondanza di doni celesti e di benedizioni divine.
In questo gioioso giorno di festa, insieme a tutti i fratelli e sorelle cattolici, mi unisco a Lei nel rendimento di grazie a Dio per le meraviglie che egli ha compiuto, nella sua infinita misericordia, attraverso la vita ed il martirio di Sant’Andrea. Gli Apostoli, offrendo generosamente la loro vita in sacrificio per il Signore e per i loro fratelli, hanno dato testimonianza alla Buona Novella da essi proclamata sino ai confini del mondo allora conosciuto. La Festa dell’Apostolo, che cade in questo stesso giorno nei calendari liturgici dell’Oriente e dell’Occidente, rappresenta, per tutti coloro che per la grazia di Dio e il dono del Battesimo hanno accettato il messaggio di salvezza, un forte invito a rinnovare la propria fedeltà all’insegnamento degli Apostoli e a divenire annunciatori instancabili della fede in Cristo, con la parola e la testimonianza della vita.
In questo nostro tempo, tale invito è urgente come non mai e interpella tutti i cristiani. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza e solidarietà, siamo chiamati a proclamare con rinnovata convinzione la verità del Vangelo e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne di oggi.
Per poter riuscire in questo grande compito, dobbiamo continuare a progredire sul cammino verso la piena comunione, mostrando di avere già unito i nostri sforzi per una comune testimonianza al Vangelo di fronte agli uomini del nostro tempo. Per questa ragione vorrei esprimere la mia sincera gratitudine a Vostra Santità e al Patriarcato Ecumenico per la generosa ospitalità offerta lo scorso ottobre sull’isola di Rodi ai Delegati delle Conferenze Episcopali d’Europa, che si sono riuniti con rappresentati delle Chiese Ortodosse d’Europa per il II Forum cattolico-ortodosso sul tema "Rapporti Chiesa – Stato: prospettive teologiche e storiche".
Santità, seguo con attenzione i Suoi saggi sforzi per il bene dell’Ortodossia e per la promozione dei valori cristiani in molti contesti internazionali. AssicurandoLe, in questa Festa di Sant’Andrea Apostolo, il ricordo nelle mie preghiere, rinnovo l’augurio di pace, salute e di abbondanti benedizioni spirituali su di Lei e su tutti i fedeli.
Con sentimenti di stima e di vicinanza spirituale, scambio con Lei il fraterno abbraccio nel nome del nostro unico Signore Gesù Cristo.
Dal Vaticano, 30 novembre 2010
BENEDICTUS PP XVI

Barco-capilla recorre Rusia con reliquias de santos anteriores al Cisma de Oriente

El barco-capilla "Padre Werenfried" inició en Rusia un recorrido de más de tres mil kilómetros, desde la desembocadura del río Volga hasta Moscú, llevando las reliquias de santos y mártires que vivieron antes de la división introducida en la Iglesia por el Cisma de Oriente.
Peter Humeniuk, jefe de la sección rusa de Ayuda a la Iglesia que Sufre (AIS), dijo a un medio local que el viaje de este barco es "un catalizador del diálogo entre la Iglesia Ortodoxa y la Iglesia Católica".
El barco "Padre Werenfried" –nombre del fundador de AIS-, transporta las reliquias de San Juan Bautista, Santa Ana, el Apóstol Bartolomeo, los mártires San Esteban y San Lorenzo, San Jorge, San Juan Crisóstomo y San Cirilo, que evangelizó a los eslavos. Las reliquias son un regalo de la Santa Sede a la Iglesia Ruso-Ortodoxa. AIS informó que el Patriarca de Moscú y toda Rusia, S. E. Kiril, dio su bendición al viaje.
Antes de zarpar, se celebró una Misa en el puerto de Kirovskij, Volgogrado, presidida por el Metropolita de Volgogrado y Kamishin, S. E. Germán. También participó el primer secretario de la representación de la Santa Sede en la Federación Rusa, Mons. Visvaldas Kulbokas, quien entregó las reliquias.
Luego de recorrer diversos pueblos, el barco llegará a Moscú para pasar el invierno. En el interior de la nave se ha levantado una iglesia consagrada a San Vladimiro.

OMELIA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO NELLA CELEBRAZIONE LITURGICA PER LA CONSEGNA DELLE RELIQUIE DI S. ANDREA APOSTOLO (ASTANA, KAZAKHSTAN, 30 NOVEMBRE 2010)

Cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di trovarmi ad Astana, capitale della Repubblica del Kazakhstan, questo nobile ed esteso Paese situato nel cuore del territorio eurasiatico. Desidero esprimere la mia profonda gioia di poter visitare questa vostra Cattedrale dell’Assunzione, recentemente aperta al culto. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare da Sua Eminenza il Metropolita Alexander e, mentre lo ringrazio per la fraterna accoglienza, reco a lui e a tutti voi il cordiale saluto del Santo Padre Benedetto XVI, con preghiera di trasmetterlo a Sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Saluto poi le altre Autorità religiose (e civili), i sacerdoti, i diaconi e i fedeli della Chiesa Ortodossa di Kazakhstan. Possa questo nostro fraterno incontro suscitare un rinnovato impulso a congiungere gli sforzi, perché in un futuro non lontano i discepoli di Cristo proclamino con una sola voce e un solo cuore il Vangelo, messaggio di speranza per l’intera umanità.
L’occasione di questa mia gradita visita ad Astana è il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che si svolgerà nei prossimi giorni. Tale circostanza ha suggerito alle più alte Autorità del Kazakhstan di rivolgermi un cortese invito a visitare la vostra terra. Nell’accogliere volentieri questo deferente e apprezzato gesto, ho da subito pensato alla gioia di potermi recare in un Paese nel quale vi sono ampie possibilità per una serena e proficua convivenza religiosa. In tale contesto, per noi Cristiani il dovere dell’amore reciproco è tanto più urgente: siamo infatti chiamati a dare testimonianza a tutti, con le parole e con le opere, che Dio è Amore. A tale riguardo, la mia presenza vuol essere anche un incoraggiamento a proseguire sulla strada del grande rispetto ed affetto, che so esistere fra la Comunità ortodossa e quella cattolica di Astana, come pure di altre città. Non manchino, cari amici, occasioni propizie di mutuo sostegno e di approfondimento dell’amicizia.
Oggi, in questo gradito incontro con voi, ho la speciale gioia di adempiere l’alto incarico affidatomi dal Santo Padre Benedetto XVI, di consegnarvi un frammento delle insigni Reliquie dell’apostolo sant’Andrea, che sono venerate in Italia, nella città di Amalfi. Questa consegna, che sono onorato di effettuare nelle mani di Sua Eminenza il Metropolita Alexander, avviene in risposta alla devota richiesta che il suo predecessore, Metropolita Mefodji, e l’Arcivescovo Tomash Peta, Metropolita cattolico, hanno congiuntamente rivolto al Papa Benedetto XVI. Il Pontefice, volendo venire incontro volentieri all’ardente desiderio, ha deciso di destinare alle rispettive Chiese due frammenti delle preziose Reliquie. Tale scelta riveste profondo significato, in quanto sottolinea la comune venerazione degli Apostoli.
Mi piace sottolineare che l’odierno evento di consegna della reliquia di sant’Andrea, che voi tanto venerate, coincide proprio con il giorno nel quale, secondo il calendario della Chiesa latina, se ne celebra la festa liturgica. Andrea nacque a Bethsaida, fu prima discepolo di Giovanni Battista e poi seguì il Signore Gesù, a cui condusse anche il fratello Pietro. Insieme a Filippo presentò a Cristo stesso i gentili e indicò il ragazzo che portava i pesci ed il pane. Secondo la tradizione, dopo la Pentecoste, predicò in diverse regioni e fu crocifisso in Acacia (Grecia). Il Vangelo ci narra che Gesù, "passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini»" (Mc 1,16-17). Andrea, dunque, fu il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Proprio sulla base di questo fatto, la liturgia bizantina lo onora con l’appellativo di Protóklitos, che significa appunto, il primo chiamato.
Il racconto evangelico prosegue precisando che "subito, lasciarono le reti e lo seguirono" (Mc 1,18). E’ questa adesione pronta che ha permesso agli Apostoli di diffondere la Parola, la "buona notizia" della salvezza. La fede viene dall’ascolto e ciò che si ascolta è la Parola di Cristo, che anche oggi la Chiesa diffonde fino alle estremità della terra. Questa Parola è il cibo indispensabile per l’anima. E’ detto nel libro del profeta Amos che Dio metterà nel mondo una fame, non fame di pane, ma di ascoltare la sua parola (cfr Am 8,11). E’ questa una fame salutare, perché ci fa continuamente cercare e accogliere la Parola di Dio, sapendo che essa ci deve nutrire per tutta la vita. Niente nella vita può avere consistenza, niente può veramente soddisfarci se non è nutrito, penetrato, illuminato, guidato dalla Parola del Signore. Inoltre, un sempre più profondo impegno di radicale adesione a tale Parola, unitamente al sostegno dello Spirito Santo, costituiscono la forza per realizzare l'aspirazione di ogni Comunità cristiana e di ogni singolo fedele all’unità (cfr BENEDETTO XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 46).
Dal Vangelo di san Giovanni, raccogliamo un altro particolare importante riguardo all’apostolo Andrea: "Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù" (Gv 1,41-43), dimostrando subito uno spiccato spirito apostolico. A tale proposito san Giovanni Crisostomo commenta: "Quella di Andrea è la parola di uno che aspettava con ansia la venuta del Messia, che ne attendeva la discesa dal cielo, che trasalì di gioia quando lo vide arrivare, e che si affrettò a comunicare agli altri la grande notizia. Vedi in che maniera notifica ciò che aveva appreso in poco tempo? Andrea, dopo essere restato con Gesù e aver imparato tutto ciò che Gesù gli aveva insegnato, non tenne chiuso in sé il tesoro, ma si affrettò a correre da suo fratello per comunicargli la ricchezza che aveva ricevuto. …Guarda anche l'animo di Pietro, fin dall'inizio docile e pronto alla fede: immediatamente corre senza preoccuparsi di nient'altro." (Om. 19, 1; PG 59, 120).
Nella preziosa icona donata dal Patriarca Atenagora I a Papa Paolo VI il 5 gennaio 1964, i due santi Apostoli, Pietro il Corifeo e Andrea il Protóclito, si abbracciano, in un eloquente linguaggio d'amore, al di sotto del Cristo glorioso. Andrea è stato il primo a porsi nella sequela del Signore, Pietro è stato chiamato a confermare i suoi fratelli nella fede. Il loro abbraccio sotto lo sguardo di Cristo è un invito a proseguire nel cammino intrapreso, verso quel traguardo di unità che insieme intendiamo raggiungere. Nulla ci scoraggi, ma andiamo avanti con speranza, sostenuti dall’intercessione degli apostoli Pietro e Andrea, come pure dalla materna protezione di Maria Santissima, Madre di Cristo e Madre nostra. Con particolare intensità domandiamo a Dio il dono prezioso dell'unità tra tutti i cristiani, facendo nostra l'invocazione che Gesù elevò al Padre per i suoi discepoli: "Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

SAN ANDRÉS- PARA LOS MÁS PEQUEÑOS

Festividad de San Andrés

 Como es habitual con motivo de la festividad de San Andrés, una delegación de la Santa Sede, encabezada por el cardenal Kurt Koch, presidente del Pontificio Consejo para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, se une hoy en Estambul a la celebración de San Andrés, patrono del patriarcado ecuménico de Constantinopla. El patriarcado envía todos los años una delegación a Roma, el 29 de junio, solemnidad de los Santos Apóstoles Pedro y Pablo.
La delegación de la Santa Sede asistió esta mañana a una Liturgia Divina presidida por Su Santidad Bartolomé I, en la Iglesia de San Jorge en Fanar. Al final de la ceremonia, el cardenal Kuch entregó al patriarca ecuménico un mensaje especial de Benedicto XVI.
El Santo Padre escribe que "en un mundo marcado por una mayor interdependencia y solidaridad, estamos llamados a proclamar con renovada convicción la verdad del Evangelio y a presentar al Señor Resucitado como la respuesta a las exigencias y aspiraciones espirituales más profundas de los hombres y mujeres de hoy".
Santos Apóstoles Pedro y Andrés
"Para ello -continúa el Papa-, tenemos que seguir progresando en el camino hacia la plena comunión, mostrando que ya hemos unido nuestros esfuerzos para ofrecer un testimonio común del Evangelio ante los hombres de nuestro tiempo. Por esta razón, quisiera expresar mi sincera gratitud a Su Santidad y al Patriarcado Ecuménico por la generosa acogida ofrecida en octubre pasado en la Isla de Rodas a los delegados de las Conferencias Episcopales de Europa, que se reunieron con representantes de las Iglesias Ortodoxas de Europa en el Foro católico-ortodoxo, sobre el tema: "Relaciones Iglesia-Estado: perspectivas teológicas e históricas".
Benedicto XVI concluye el mensaje asegurando al patriarca que sigue "con atención los esfuerzos por el bien de la ortodoxia y por la promoción de los valores cristianos en muchos contextos internacionales".

lunes, 29 de noviembre de 2010

Tisserant l’americano


 
L’indizio è minimo ma significativo. Siamo nel gennaio 1923, in Biblioteca Vaticana si stanno trasportando le casse con i manoscritti e gli stampati della Biblioteca Chigiana che qualche giorno prima il presidente del Consiglio dei ministri italiano Benito Mussolini ha inopinatamente deciso di “aggregare” alla biblioteca papale per blandire, prime mosse per la Conciliazione, l’antico prefetto dell’Ambrosiana e della Vaticana Achille Ratti, divenuto Pontefice col nome di Pio XI, ma rimasto, nel cuore e nell’animo, sempre un bibliotecario. Ebbene, col vigore e con l’euforia dei suoi quarant’anni non ancora compiuti, Eugène Tisserant, lo “scrittore orientale” della Biblioteca, non esitò un attimo a prendere sulle spalle le casse con i preziosi volumi per trasportarle all’interno, come uno degli uomini di fatica della Biblioteca. Lo slancio fu tale che nel trasporto Tisserant si ruppe l’ulna destra all’altezza del polso e dovette rimandare di qualche settimana la partenza per una missione, voluta dallo stesso Pio XI, nei paesi  balcanici  e nel vicino Oriente alla  ricerca  di  manoscritti  e  stampati che il rimescolamento politico in quello scenario, bruscamente orbato dalla  presenza  della Grande Porta, poteva  fornire  con propizia abbondanza.
Tisserant (1884-1972) è senza alcun dubbio una delle principali figure nell’ambito del Sacro Collegio del Novecento, con una vita quasi precisamente scandita in due fasi. Dal 1908 al 1936 fu uno dei protagonisti della modernizzazione della Biblioteca Apostolica Vaticana. “Scrittore” per le lingue orientali, autore di cataloghi di manoscritti armeni, etiopici e copti, emissario di Pio XI in Oriente negli anni 1923-1924 (insieme a Cirillo Korolevskij) e ancora nel 1926, braccio destro dei prefetti dell’istituzione per almeno un ventennio, fu soprattutto lui, Tisserant, il referente, l’interlocutore, l’indispensabile sponda vaticana di quell’opera di collaborazione con il Carnegie Endowment for International Peace che fra gli anni Venti e Trenta del xx secolo trasformò la biblioteca dei Papi fecondandola con i modelli della biblioteconomia americana. Negli Stati Uniti il poliglotta Tisserant si recò fra l’aprile e il luglio 1927:  un memorabile viaggio che lo mise a contatto col cuore pulsante della modernità; e vi tornò nel 1933. Da quei viaggi intrapresi per conoscere nelle biblioteche americane soluzioni e pratiche da introdurre in Vaticana, guadagnò sul campo, come gli antichi Romani, l’aggettivo eponimo di “americano”, che allora era come dire l’efficiente, il pratico, il decisionista. Tutte caratterizzazioni che si attagliano bene all’uomo che, fra i primi nel mondo curiale (è un altro piccolo indizio), utilizzò la macchina da scrivere per le scritture private e per i lavori personali, defraudando i futuri lettori del contatto con la sua inconfondibile grafia minuscola, serrata, regolare, sistematica, che non bisogna essere grafologi per interpretare quale espressione di un carattere volitivo e deciso come pochi altri.
Papa Ratti doveva ammirarlo anche per queste qualità e quando nel giugno 1936 si trattò di provvedere alla successione del cardinale Luigi Sincero, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, pensò naturalmente all’antico collega di Biblioteca, che in quel modo avrebbe trasfuso le sue profonde conoscenze sull’Oriente cristiano nel governo di una congregazione di decisiva importanza per la Chiesa di Roma. Tisserant, creato allora cardinale, fu così prima segretario, poi prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che visitò in numerosi viaggi. Raramente la Congregazione ha avuto un prefetto così profondamente edotto della storia e della vita delle comunità cattoliche orientali:  dal Libano all’India; dalla Palestina all’Egitto; dai Balcani alla Mesopotamia. Dal 1946 Tisserant divenne anche vescovo suburbicario di Porto e Santa Rufina e dal 1951, come decano del Sacro Collegio, anche di Ostia:  in nessun caso Tisserant accolse gli incarichi come sine cura da scaricare su spalle altrui. Nel 1957, morto Mercati, tornò alla Vaticana come Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa e tale rimase sino al 27 marzo 1971, al momento del ritiro da ogni incarico (l’Ingravescentem aetatem, sicuramente da lui patita, è del 21 novembre 1970) e alla vigilia della morte ad Albano (21 febbraio  1972).  Ma  della  Vaticana  non  divenne  mai prefetto, a pieno titolo, e fu questo probabilmente il dolore più grande della sua vita, per la quale vengono alla mente i precedenti degli Assemani o di Angelo Mai e di Gaspare Mezzofanti, se non fosse in realtà un’esistenza singolarissima e senza confronti.
Eugène Tisserant attende ancora un biografo che dia conto e ragione di questa sua esistenza ricchissima, spesa senza risparmio e senza perdere tempo – come scriveva ai parenti nel 1904 appena insediato a Gerusalemme per studiare alla Scuola Biblica le lingue orientali – su fronti apparentemente non comunicanti, dall’erudizione alla diplomazia, dalla grande politica ecclesiastica all’impegno pastorale per le sue diocesi suburbicarie. Di una biografia – difficile proprio per la molteplicità degli scenari in gioco – non mancano le premesse, a incominciare dagli atti del convegno svoltosi all’Institut Catholique di Toulouse nel novembre 2002, passando per le corrispondenze, i diari, le memorie dei più diversi personaggi che ebbero modo di incontrare questo cardinale animoso, per vocazione universalista, ma al tempo stesso visceralmente francese, ardentemente antinazista come nel dopoguerra sarebbe stato anticomunista. Eppure per cogliere il segreto di questo “grande talento”, di questa “energia poderosa”, di questa “vita intensa” – sono parole a lui riferite il 24 marzo 1964 da Paolo vi, che lo conosceva bene – per attingere al motivo unificante e ispiratore di impegni diversi pochi scritti saranno utili come il volume pubblicato da Hervé Gaignard (La vie spirituelle du cardinal Eugène Tisserant. Entre perfection et saintété (1908-1945), Paris, Éditions Parole et Silence, 2009, pagine 118, euro 13), dal 2000 prete della diocesi di Toulouse ove insegna nell’Institut Catholique.
La ricerca di Gaignard apre uno squarcio eccezionale sull’intimità di questo uomo di Chiesa del quale molti hanno conosciuto gli aspetti più esteriori senza comprenderne i moventi profondi. Tutto è fondato su documenti degli archivi privati del porporato conservati nella Francia meridionale dall’”Association Les amis du cardinal Tisserant”, sulle note e soprattutto sulla corrispondenza con Charles Ruch (1873-1945), dal 1919 vescovo di Strasburgo, e con il canonico parigino Samuel Hecquet (1907-1970). Dalla Pentecoste del 1919 Tisserant è infatti membro della “Société des prêtres de Saint-François-de-Sales”, una fraternità sacerdotale di preti diocesani fondata nel 1876 da Henri Chaumont per la santificazione dei suoi partecipanti. Gli affiliati, i probandés, sono tenuti a presentare dettagliati resoconti mensili dei progressi e delle difficoltà del loro cammino spirituale al probateur al quale sono affidati e che personalmente li guida, li consiglia, li incoraggia. Attraverso le relazioni ai probateurs Ruch ed Hecquet, attraverso i tableaux de regularité, siamo così introdotti nella pietà ordinaria di Tisserant:  non quella di un mistico, ma la pratica semplice e umile di un “povero cristiano” perseguita però con la determinazione, con la disciplina militare, con la seria sistematicità che il prete lorenese applicava in ogni sua attività.
Ciò che a Tisserant innanzi tutto preme è servire Dio e la Chiesa nel compimento quanto più possibile perfetto del dovere di stato – si tratti di un catalogo di manoscritti o di un viaggio nell’Oriente cristiano – per essere santo. Nel volume di Gaignard è affascinante seguire Tisserant nel suo rapporto con la preghiera, nel costante sforzo di vincerne la freddezza e il formalismo, ma anche nelle grandi, profonde e prolungate crisi originate dal clima romano negli anni del modernismo e della sua repressione, dalle tensioni interne alla Biblioteca Vaticana e dalle problematiche e sofferte relazioni con Mercati, dai complessi e spesso tragici scenari delle Chiese orientali a lui affidate. Senza infingimenti Tisserant si rivela e si confessa impaziente, ipercritico, a volte collerico, ferocemente esigente con se stesso prima ancora che con gli altri, mentre si dibatte fra l’amor proprio, la coscienza delle sue, per certi versi, straordinarie qualità, il perseguimento dei progetti personali e l’antitetica volontà di annullarsi nell’obbedienza; di perdere se stesso per ritrovarsi veramente. La costante tensione, l’ininterrotto tormento alla fine viene superato con un abbandono totale alla Provvidenza, al quale con dolcezza e continuamente lo spinge Ruch; un abbandono che non è un atto di passività, ma, ancora una volta, di azione; coerente con quella spinta all’agire e al “non perdere tempo” che ha come percorso e divorato l’intera esistenza del cardinale.
Al termine del volume di Gaignard vien da pensare alla lotta di Giacobbe con l’angelo durata una notte. Per tutta la vita Tisserant ha combattuto con se stesso, con le circostanze, con gli altri, per piacere a Dio, al di là dei propri interessi e di se stesso. Alla fine, “allo spuntare dell’aurora” (Genesi, 32, 25), prevale un grande senso di pace, nella luce di quella confiance che i suoiprobateurs gli avevano instancabilmente raccomandato come condizione in cui vivere ogni momento. “La bella e santa via – aveva scritto Ruch a Tisserant il 9 agosto 1931 – è fare tutto con Dio, per Dio, sotto lo sguardo di Dio nel suo amore”. La dolcezza di san Francesco di Sales ha ammansito il leone, donandoci un’altra, altissima testimonianza della bellezza della direzione spirituale e della grandezza del sacerdozio cattolico.

sábado, 27 de noviembre de 2010

Las Iglesias católidas orientales

De acuerdo con la división instaurada por el vigente Código de los Cánones de las Iglesias Orientales, estas Iglesias sui iuris o autónomas se dividen en cuatro categorías: Iglesias Patriarcales (Iglesia Caldea, Armenia, Copta, Siriaca, Maronita, y Melquita.); Iglesias Archiepiscopales Mayores (Iglesia Ucraniana y Siro-Malabar); Iglesias Metropolitana sui iuris (Iglesia Etíope, Siro-Malankar, Rumana y Rutenia en América); y en último lugar Iglesias sui iuris (las demás). Además se debe tener en cuenta que las Iglesias greco-católicas sui iuris de Bielorrusia, Albania, Georgia y Rusia no poseen una jerarquía episcopal hasta el momento.
Por otro lado, en atención a los crecientes movimientos de población de los últimos decenios, la Santa Sede ha erigido en algunas naciones occidentales los Ordinariatos para los fieles de las Iglesias Orientales que residen en países en los que no hay constituída jerarquía católica del propio rito. A ellos pertenecen los fieles católicos orientales, que residen en las naciones indicadas. Los católicos de rito oriental que residen en lugares en los que no hay establecida jerarquía oriental dependen del Ordinario latino del lugar.
Se ofrece a continuación un resumen de la organización de las Iglesias Católicas Orientales autónomas, en comunión con el Romano Pontífice, agrupadas por la tradición a la que pertenecen. El lector latino debe tener en cuenta que en la tradición oriental se denomina eparquía a la Iglesia particular que se establece de modo ordinario en el territorio propio de la Iglesia sui iuris (equivale a la diócesis para los latinos), y exarcado a la Iglesia particular que se erige en los demás territorios.
Al final del elenco se encuentra también la lista de los Ordinariatos para los fieles católicos de rito oriental.



Iglesias sui iuris católicas de tradición alejandrina

Iglesia egipcia (coptos)
Patriarcado: Alejandría (Egipto)
Tiene eparquías en Egipto

Iglesia de Etiopía
Metrópoli: Addis Abeba (Etiopía).
Tiene eparquías en Etiopía y Eritrea

Iglesias sui iuris católicas de tradición antioquena

Iglesia sirio-malankar
Arzobispado mayor : Trivandrum (India)
Tiene eparquías en India.

Iglesia maronita
Patriarcado: Antioquía de los Maronitas
Tiene archieparquías y eparquías en Líbano, Chipre, Egipto, Siria, Israel, Argentina, Brasil, Estados Unidos, Australia, Canadá y México. Tiene exarcados en Jordania y Palestina.

Iglesia siria
Patriarcado: Antioquía de los sirios
Tiene archieparquías y eparquías en Líbano, Egipto, Sudán, Siria y Estados Unidos y Canadá (la eparquía de Newark tiene jurisdicción sobre los fieles de este rito de ambos países).
Tiene exarcados en Jordania, Kuwait, Palestina, Turquía y Venezuela.

Iglesias sui iuris católicas de tradición armenia

Iglesia armenia
Patriarcado: Cilicia de los Armenios
Tiene archieparquías y eparquías en Líbano, Irán. Irak, Egipto, Siria, Turquía, Ucrania, Francia y Argentina.
Tiene un exarcado patriarcal para Ammán (Jordania) y Jerusalén. También tiene un exarcado apostólico para América Latina y México con sede en Buenos Aires, y otro para Estados Unidos y Canadá con sede en Nueva York.
Existen Ordinariatos para los fieles de rito armenio en Grecia con sede en Atenas, en Rumanía con sede en Gherla y para Europa Oriental con sede en Ghiumri.

Iglesias sui iuris católicas de tradición caldea

Iglesia caldea
Patriarcado: Babilonia de los Caldeos
Tiene archieparquías y eparquías en Irak, Irán, Líbano, Egipto, Siria, Turquía, Estados Unidos y Oceanía (con sede en Sidney y jurisdicción sobre Australia y Nueva Zelanda).
Tiene un exarcado patriarcal en Jerusalén.

Iglesia siro-malabar
Arzobispado mayor: Ernakulam-Angamaly (India).
Tiene archieparquías y eparquías en India y Estados Unidos.

Iglesias sui iuris católicas de tradición constantinopolitana o bizantina

Iglesia albanesa
Administración apostólica: Albania

Iglesia búlgara
Exarcado apostólico: Sofía.

Iglesia bizantina de Krizevci
Eparquía: Krizevci (Croacia)
La eparquía tiene jurisdicción en Croacia, Bosnia-Herzegovina, Yugoslavia y Eslovenia.

Iglesia griega
Exarcado apostólico: Grecia
Tiene exarcados apostólicos en Grecia y Turquía.

Iglesia bielorrusa
Tiene jurisdicción en Bielorrusia.

Iglesia italo-albanesa
Tiene eparquías en Italia.

Iglesia macedonia
Exarcado apostólico: Macedonia (sede: Strumica).
Tiene jurisdicción en la Antigua República Yugoslava de Macedonia.

Iglesia melquita o greco-melquita
Patriarcado: Antioquía de los griegos melquitas.
Tiene archieparquías y eparquías en Siria, Líbano, Jordania, Israel, Brasil, Estados Unidos, Canadá, México y Australia.
Tiene exarcados patriarcales en Jerusalén y Egipto y Sudán. Tiene además exarcados en Irak, Kuwait y Venezuela.

Iglesia rumana
Arzobispado mayor: Fagaras y Alba Julia.
Tiene eparquías en Rumanía y Estados Unidos.

Iglesia rusa
Exarcado apostólico: Rusia.
Tiene, además del anterior, un exarcado apostólico en Harbin (Manchuria, China).

Iglesia rutena o rutena-ucraniana
Tiene archieparquías y eparquías en Estados Unidos y Ucrania.
Tiene un exarcado apostólico en la República Checa (sede en Praga).

Iglesia eslovaca
Arzobispado mayor: Prešov. Tiene eparquías en Eslovaquia.

Iglesia ucraniana
Arzobispado mayor: Lviv
Tiene archieparquías y eparquías en Ucrania, Polonia, Estados Unidos, Canadá, Australia (para Australia, Nueva Zelanda y Oceanía), Brasil y Argentina.
Tiene exarcados apostólicos en Gran Bretaña (sede en Londres), Alemania (sede en Munich) y en Francia para Francia, Benelux y Suiza (sede en París).

Iglesia húngara
Tiene una eparquía y un exarcado apostólico en Hungría.
 

Ordinariatos

Existen, además, Ordinariatos para los fieles de rito oriental que no poseen ordinario del propio rito. Son los siguientes:
Argentina (sede: Buenos Aires)
Brasil (sede: Río de Janeiro)
Francia (sede: París)
Polonia (sede: Varsovia)
Austria (sede: Viena)

jueves, 25 de noviembre de 2010

Cristianos Coptos en Egipto

Ascienden a 156 los detenidos por las protestas de la comunidad copta en El Cairo (Egipto), en las que falleció uno de los manifestantes, a raíz de la paralización por parte de las autoridades de la construcción de una iglesia en uno de los suburbios de la ciudad, según ha informado la agencia de noticias egipcia Mena.
Además del fallecido, al menos 20 policías y 15 manifestantes resultaron heridos durante las protestas, en las que cerca de 3.000 coptos ortodoxos arrojaron piedras a la Policía. Asimismo, algunos agentes devolvieron la agresión a pedradas y disolvieron la manifestación con gases lacrimógenos, mientras algunos contramanifestantes musulmanes apedrearon a los coptos congregados desde detrás del cordón de seguridad.
El fiscal general egipcio ha ordenado la retención de los 156 detenidos durante 15 días acusándolos de ser sospechosos de incitar al motín, pero no ha dicho si han sido acusados formalmente, según Reuters.
Durante la protesta, cientos de coptos irrumpieron en la sede de la gobernación de Giza, en el oeste de El Cairo, para protestar por la negativa de las autoridades a permitirles terminar la construcción de una nueva iglesia en la zona.
Los coptos representan alrededor del diez por ciento de los cerca de 80 millones de habitantes de Egipto y, en ocasiones, se producen conflictos entre ellos y los musulmanes, religión mayoritaria en el país.

El ecumenismo, modo de vida

Por Sara Speicher (*)

La hermana Pina Sandu dice que, en su monasterio ortodoxo de las montañas de Rumania, practican una "espiritualidad turística". Por medio de un instrumento instalado en todo el monasterio, "quieran o no", los turistas "oyen las campanas, escuchan los servicios tres veces al día … oyen, sienten, saben que algo está ocurriendo". Como consecuencia de ello, la curiosidad les lleva al patio y a la iglesia – "pasos pequeños, pero seguros, hacia algo hermoso".

La hermana Pina y otras cinco hermanas –pertenecientes cada dos de ellas a una orden de confesión ortodoxa, católica romana y protestante – proporcionan un testimonio igualmente sutil, pero radical, tanto a los estudiantes como a los visitantes, en el Instituto Ecuménico de Bossey, en las afueras de Ginebra, Suiza.

Las hermanas viven en comunidad, coordinan la vida de culto y oración en el Instituto Ecuménico, participan en las clases e incorporan un sentido de "espiritualidad ecuménica" en la vida diaria.

Su sola presencia, con sus llamativos hábitos, resulta notable para todas las personas que utilizan el Instituto para reuniones y otros actos. Los visitantes pueden pertenecer a una amplia gama de organizaciones, desde grupos eclesiales y de desarrollo hasta organizaciones laicas como Rolex o la empresa de la televisión regional Suiza, y a todos ellos se les invita a participar en la vida de oración en el Instituto.

Pero su principal función durante su año en Bossey es la de ofrecer ayuda pastoral a los estudiantes. El Rev. Emmanuel Twahirwa, alumno graduado perteneciente a la Iglesia Anglicana de Rwanda, aprecia su labor de facilitación del culto.

"Cuando llegas, te encuentras perdido en el estudio académico, y es posible que olvides tu vida espiritual", afirma. "Tenemos que equilibrar ambas cosas".

Pero aprecia aún más su presencia: "Hermanas de diferentes denominaciones que viven en comunidad; es importante para nosotros aprender de ellas".

El aliviar las tensiones que se generan en las aulas de clase es una de las formas en que las hermanas configuran las relaciones ecuménicas. La hermana Pina describe cómo, después de acaloradas discusiones, salen de las aulas y van a comer a la cocina, donde las hermanas sonríen y charlan.

"Es una forma muy delicada de saber cuál es el límite entre la discusión académica y la relación o amistad espiritual", subraya. "Había oído hablar sobre los católicos, los ortodoxos y los protestantes. Pero es totalmente diferente cuando me encuentro con un católico o un protestante…. La persona me hace amar lo que la persona hace".

Las hermanas mismas no sabían con seguridad cómo iba a resultar su vida en común. La hermana Sperancia Mulashani Thadeo, de la Iglesia Evangélica Luterana de Tanzania, destacó que se había encontrado ya con otras hermanas católicas romanas, pero "no podía imaginarse" cómo resultaría el vivir con ellas". “Pensaba que quizás estarían en otras partes", reconoce con arrepentimiento.

La realidad que encontró fue que es posible vivir juntas y que "los momentos más felices son cuando compartimos experiencias de nuestra vida, lo que estamos haciendo y nuestra vida espiritual".

"Para nosotras", dice Ivy Athipozhiyil, hermana dominica de la India, "la espiritualidad ecuménica es vivir juntas. Compartimos todo riendo. Esto es lo que ofrecemos, sin saberlo, a otras personas, como los estudiantes. Para ellos es un signo".

Su testimonio tangible lo captan no sólo los estudiantes. La hermana Ivy recuerda lo que oyó decir a un miembro del Grupo de Trabajo Mixto entre la Iglesia Católica Romana y el Consejo Mundial de Iglesias, que participó en una reunión en Bossey. "Un obispo nos vio pasear juntas y dijo [a otro participante], ‘nosotros hablamos, hablamos, hablamos, pero aquí, vemos’"

"Lo que he comprobado es que, cuando hablamos sobre la unidad, esto no significa cambiar la fe de alguien", afirma la diaconisa Agnes Simbo Lema, de la Iglesia Evangélica Luterana de Tanzania. "Significa sentarnos juntas, compartir, amarnos unas a otras y aceptarnos unas a otras".

María Elena Romero Molina, hermana Dominica Misionera de Guatemala, lo dice de la forma más sencilla: "El ecumenismo no es un concepto, es una forma de vida".

La hermana Pina reflexiona: "El lema del movimiento vida y acción era entonces que la doctrina divide y el servicio une". Ahora, afirma ella, "yo podría decir que la doctrina divide y la espiritualidad une".

(*) Sara Speicher es una escritora independiente y antigua coordinadora del Equipo de Información Pública del Consejo Mundial de Iglesias.

ECUMENISMO EN CHIPRE

Recordando el viaje del Papa en Chipre,

miércoles, 24 de noviembre de 2010

DOMINGO DE ORACIÓN POR IRAK

LUZ DEL MUNDO

El libro-entrevista Luz del mundo, presentado este martes en el Vaticano, recoge respuestas francas de Benedicto XVI al periodista Peter Seewald sobre el Papa, la Iglesia y los signos de los tiempos.
La conversación ofrece claves sobre los retos de la sociedad actual y la fe y la crisis de la Iglesia. También aclara numerosas cuestiones en torno a cuestiones concretas como el caso Williamson, su discurso en Ratisbona, la polémica en torno al preservativo, los homosexuales, sus modificaciones en la liturgia,...
Presentamos algunas de las frases más destacadas del libro:
...
 Judíos: “Una nueva unión de amor y comprensión entre Israel y la Iglesia, en el respeto mutuo por el ser del otro y por su propia misión, tiene que ser esencial para mi anuncio de la fe cristiana”.
­--Ortodoxos: “El lugar donde, por así decirlo, nos sentimos más inmediatamente en casa y donde más podemos esperar también alcanzar la unidad es la Ortodoxia”.
--Protestantismo: “Ha dado pasos que más bien lo alejan de nosotros: con la ordenación de mujeres, la aceptación de uniones homosexuales y cosas semejantes”.
--Ecumenismo: “El mundo necesita un potencial de testimonio a favor del Dios uno que nos habla en Cristo”.
--Diálogo interreligioso: “Tenemos un mensaje ético que da orientación a los hombres. Y llevar juntos ese mensaje es de suma importancia en la crisis de los pueblos”.
...

viernes, 19 de noviembre de 2010

BENEDICTO XVI RECIBE AL PRIMADO ANGLICANO ROWAN WILLIAMS EN ELVATICANO

ES URGENTE REAVIVAR EL INTERÉS ECUMÉNICO

LA IGLESIA CATÓLICA EN EEUU RECONOCE LA VALIDEZ DEL BAUTISMO DE CUATRO CONFESIONES

La Conferencia Episcopal de Estados Unidos ha aprobado un acuerdo en el que reconoce como válido el bautismo de cuatro comunidades cristianas reformadas.
La Conferencia votó el pasado martes el Common Agreement on Mutual Recognition of Baptism (Acuerdo Común de Reconocimiento Mutuo del Bautismo), durante la celebración de la Asamblea Plenaria que está teniendo lugar estos días en Baltimore (Maryland).
El acuerdo ha sido resultado de seis años de estudio y debates entre los representantes de la Conferencia Episcopal estadounidense, la Iglesia Presbiteriana de EE.UU., la Iglesia Reformada de América, la Iglesia Reformada Cristiana y la Iglesia Unida de Cristo.
Monseñor Wilton Gregory, arzobispo de Atlanta y presidente del USCCB Committee for Ecumenical and Interreligious Affairs, afirmó el martes en un comunicado que esta votación supone “un hito en el viaje ecuménico”.
“Junto con nuestros hermanos y hermanas de la Reforma” de estas cuatro Iglesias, afirmó, “nosostros los obispos católicos podemos afirmar una vez más que el bautismo es la base de la real, aunque incompleta, unidad que tenemos en Cristo".
"Nuestra Conferencia espera ahora a que los cuatro organismos competentes de las comunidades reformadas aprueben el acuerdo común que hemos realizado hoy", dijo el arzobispo.
El prelado explicó que, una vez que sea aprobado por las otras cuatro denominaciones, el acuerdo “permitirá a los ministros católicos presuponer que el bautismo realizado en estas comunidades es 'verdadero bautismo' como se entiende en la doctrina y en la ley católicas”.

Comunión

"La presentación de un certificado de bautismo por parte de los cristianos reformados que deseen entrar en plena comunión con la Iglesia Católica, o casarse con una católica, asegura a los ministros católicos que el bautismo, realizado por un ministro de la Reforma, implicó el uso de agua corriente, y la invocación bíblica de Dios como Padre, Hijo y Espíritu Santo", prosiguió el prelado.
Monseñor Gregory afirmó que los católicos y los cristianos reformados “han dado un paso de acrecamiento a esa plenitud de la comunión que se realizará, en obediencia a la oración del Señor – 'Padre, que todos sean uno' – en ese día en el que puedan celebrar juntos en unidad de fe y ministerio enla única mesa de la Eucaristía".
La conferencia señaló en un comunicado de prensa que el acuerdo común afirma que el bautismo es "el vínculo sacramental de unidad para el Cuerpo de Cristo, que se realiza sólo una vez, por un ministro autorizado, con un chorro de agua, utilizando la fórmula trinitaria de las Escrituras de 'Padre, Hijo y Espíritu Santo'".
Añadió que el acuerdo anima a las comunidades cristianas locales a mantener registros de bautismo, una práctica ya realizada en la Iglesia católica.
El comunicado de prensa declaró que otras conferencias episcopales en el mundo del mundo han suscrito acuerdos similares con las comunidades protestantes locales, pero este documento es "sin precedentes" para la Iglesia católica en los Estados Unidos.
Explicó que la Iglesia católica en general ha reconocido la validez de la mayoría de las principales comuniones cristianas desde el Concilio Vaticano II. Sin embargo, en 2002, el Consejo Pontificio para la Unidad de los Cristianos alentó a las conferencias episcopales para que se reunieran con las comunidades cristianas locales con el fin de estudiar y discutir su comprensión mutua del bautismo, para aclarar dudas y preguntas sobre la reciprocidad de las prácticas dentro de las diversas iglesias.

Arzobispo de Canterbury ve aspectos positivos en ordinariatos para anglicanos

El primado Rowan Williams recibido en audiencia por Benedicto XVI

CIUDAD DEL VATICANO, jueves 18 de noviembre de 2010- El arzobispo de Canterbury, el doctor Rowan Williams, ve aspectos positivos en la creación de ordinariatos para la acogida en la Iglesia católica de comunidades anglicanas.
El primado anglicano hizo estas declaraciones en el Vaticano este jueves, donde fue recibido en audiencia privada por Benedicto XVI, después de haber participado en la víspera en el acto de conmemoración con motivo de los cincuenta años de la creación del Consejo Pontificio para la Unidad de los Cristianos.
El 8 de noviembre cinco obispos anglicanos de la Iglesia de Inglaterra anunciaron su renuncia al ministerio en la Iglesia anglicana y su resolución de unirse a un ordinariato personal para anglicanos en plena comunión con la Iglesia católica.
La posibilidad de crear estas circunscripciones eclesiásticas no regionales fue establecida hace un año por Benedicto XVI con la promulgación de la constitución apostólica "Anglicanorum Coetibus".
De este modo, los anglicanos que lo deseen podrán reconocer el primado del Papa, manteniendo elementos propios de su tradición litúrgica y espiritual.
"Obviamente mi reacción a las renuncias es de pesar, pero respeto", ha declarado el doctor Williams a "Radio Vaticano".
"Yo sé las consideraciones que han afrontado, en particular los dos que fueron mis sufragáneos. Hemos hablado, hemos trabajado y nos hemos separado con oraciones y bendiciones".
"Creo que el desafío vendrá al compartir el uso de las iglesias", reconoce, "en los consejos que debemos dar como anglicanos", y además "desde luego habrá algunas parroquias sin sacerdotes, de manera que nos encontramos ante un desafío práctico".
Ante quienes han calificado como "gesto profético" la creación de ordinariatos en la Iglesia católica para anglicanos, el arzobispo de Canterbury reconoce que "creo que el ordinariato ayuda a la gente a valorar la herencia o el patrimonio anglicanos. Estoy feliz de alabar a Dios por este motivo. No creo que sea un acto agresivo orientado a desestabilizar las relaciones de las Iglesias y sólo queda por ver la amplitud del movimiento del que estamos hablando".
"Pero, ¿profético?", se pregunta el mismo Williams. "Quizá sí -responde--. En el sentido de que la Iglesia católica dice de este modo que hay maneras de ser cristiano en la Iglesia de Occidente que no quedan restringidas por identidad histórica católico-romana. Es algo de lo que podemos hablar".

En una audiencia concedida este jueves a la asamblea plenaria del Consejo Pontificio para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, el Papa ha confirmado el compromiso de la Iglesia católica en la búsqueda de la unidad con los anglicanos y demás confesiones cristianas.
"A pesar de nuevas situaciones problemáticas o de puntos difíciles para el diálogo, la meta del camino ecuménico sigue inalterada, así como el compromiso firme para perseguirla", ha dicho el obispo de Roma.
"No se trata, sin embargo, de un compromiso según categorías, por así decir, políticas, en las que entran en juego la capacidad de negociar o de encontrar compromisos, motivo por el cual podría esperarse, como buenos mediadores, que después de un cierto tiempo se llegue a acuerdos aceptables para todos", ha concluido.

jueves, 18 de noviembre de 2010

Discurso del Papa al Consejo Pontificio para la Unidad de los Cristianos

Señores cardenales,
Venerados Hermanos en el Episcopado y en el Sacerdocio,
queridos hermanos y hermanas,
es para mi una gran alegría encontraron con ocasión de la Plenaria del Consejo Pontificio para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, durante la cual reflexionaréis sobre el tema: "Hacia una nueva etapa del dialogo ecuménico". Al dirigir a cada uno de vosotros mi cordial saludo, deseo agradecer de modo particular al presidente, monseñor Kurt Koch, también por las calurosas expresiones con las que ha interpretado vuestros sentimientos.
Ayer, como recordó monseñor Koch, celebrasteis, con un solemne Acto conmemorativo, el 50° aniversario de la institución de vuestro Dicasterio. El 5 de junio de 1960, en la vigilia del Concilio Vaticano II, que indicó como central para la Iglesia el compromiso ecuménico, el beato Juan XXIII creaba el Secretariado para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, denominado después, en 1988, Consejo Pontificio. Fue un acto que constituyó un hito para el camino ecuménico de la Iglesia católica. En el transcurso de cincuenta años se ha hecho mucho camino. Deseo expresar viva gratitud a todos aquellos que han prestado su servicio en el Consejo Pontificio, recordando ante todo a los presidentes que se han sucedido en él: los cardenales Augustin Bea, Johannes Willebrands, Edward Idris Cassidy; y mi particularmente grato agradecimiento al cardenal Walter Kasper, que guió el dicasterio, con competencia y pasión, en los últimos once años. Doy las gracias a los miembros y consultores, oficiales y colaboradores, aquellos que han contribuido a llevar a cabo los diálogos teológicos y los encuentros ecuménicos y a cuantos han rezado al Señor por el don de la unidad visible entre los cristianos. Son cincuenta años en los que se ha adquirido un conocimiento más verdadero y una estima más grande con las Iglesias y las comunidades eclesiales, superando prejuicios sedimentados por la historia; se ha crecido en el diálogo teológico, pero también en el de la caridad; se han desarrollado varias formas de colaboración, entre las cuales, además de las de por la defensa de la vida, por la salvaguardia de la creación y para combatir contra la injusticia, ha sido importante y fructífera la del campo de las traducciones ecuménicas de la Sagrada Escritura.
En estos últimos años, además, el Consejo Pontificio se ha comprometido, por otro lado, en un amplio proyecto, el llamado Harvest Project, para trazar un primer balance de los objetivos conseguidos en los diálogos teológicos con las principales comunidades eclesiales desde el Vaticano II. Se trata de un trabajo precioso que ha puesto en evidencia tanto las áreas de convergencia, como aquellas en las que es necesario continuar profundizando la reflexión. Dando gracias a Dios por los frutos ya recogidos, os animo a proseguir con vuestro empeño en promover una correcta recepción de los resultados alcanzados y en dar a conocer con exactitud el estado actual de la investigación teológica al servicio del camino hacia la unidad. Hoy algunos piensan que este camino, especialmente en Occidente, haya perdido su empuje; se advierte, entonces, la urgencia de reavivar el interés ecuménico y de dar una nueva incisividad a los diálogos. Se presentan, además, desafíos inéditos: las nuevas interpretaciones antropológicas y éticas, la formación ecuménica de las nuevas generaciones, la ulterior fragmentación del escenario ecuménico. Es esencial tomar conciencia de estos cambios y señalar las vías para proceder de manera eficaz a la luz de la voluntad del Señor: "que sean todos una sola cosa" (Jn 17,21).
También con las Iglesias ortodoxas y las antiguas Iglesias orientales, con las que existen “estrechísimos vínculos” (Unitatis Redintegratio, 15), la Iglesia católica prosigue con pasión el diálogo, intentando profundizar de modo serio y riguroso en el patrimonio teológico, litúrgico y espiritual común, y de afrontar con serenidad y empeño los elementos que aún nos dividen. Con los Ortodoxos se ha llegado a tocar un punto crucial de acercamiento y de reflexión: el papel del Obispo de Roma en la comunión de la Iglesia. Y la cuestión eclesiológica está también en el centro del diálogo con las antiguas Iglesias orientales: a pesar de muchos siglos de incomprensión y de alejamiento, se ha constatado, con alegría, haber conservado un precioso patrimonio común.
Queridos amigos, aun en presencia de nuevas situaciones problemáticas o de puntos difíciles para el diálogo, la meta del camino ecuménico sigue inmutable, como también el firme empeño en perseguirla. No se trata, sin embargo, de un empeño según categorías, por así decirlo, políticas, en las que entran en juego la capacidad de negociar o la mayor capacidad de encontrar compromisos, por lo que se podría esperar, como buenos mediadores, que tras un cierto tiempo se llegue a acuerdos aceptables para todos. La acción ecuménica tiene un doble movimiento. Por una parte la búsqueda convencida, apasionada y tenaz para encontrar toda la unidad en la verdad, para idear modelos de unidad, para iluminar oposiciones y puntos oscuros en orden a la consecución de la unidad. Y esto en el necesario dialogo teológico, pero sobre todo en la oración y en la penitencia, en ese ecumenismo espiritual que constituye el corazón latente de todo el camino: la unidad de los cristianos es y sigue siendo oración, habita en la oración. Por otra parte, otro movimiento operativo, que surge de la firme conciencia de que nosotros no sabemos la hora de la realización de la unidad entre todos los discípulos de Cristo y no la podemos conocer, porque la unidad no la “hacemos nosotros”, la “hace” Dios: viene de lo alto, de la unidad del Padre con el Hijo en el diálogo de amor que es el Espíritu Santo; es un tomar parte en la unidad divina. Y esto no debe hacer disminuir nuestro compromiso, al contrario, debe hacernos cada vez más atentos a captar los signos de los tiempos del Señor, sabiendo reconocer con gratitud lo que ya nos une y trabajando para que se consolide y crezca. Al final, también en el camino ecuménico, se trata de dejar a Dios lo que es únicamente suyo y de explorar, con seriedad, constancia y dedicación, lo que es tarea nuestra, teniendo en cuenta que a nuestro compromiso pertenecen los binomios de actuar y sufrir, de actividad y paciencia, de cansancio y alegría.
Invoquemos confiados al Espíritu Santo, para que guíe nuestro camino y cada uno sienta con renovado vigor el llamamiento a trabajar por la causa ecuménica. Os animo a todos vosotros a proseguir en vuestra tarea; es una ayuda que hacéis al Obispo de Roma a cumplir su misión al servicio de la unidad. Como signo de afecto y gratitud, os imparto de corazón mi Bendición Apostólica.

martes, 16 de noviembre de 2010

EXHORTACIÓN DEL PAPA A LOS OBISPOS BRASILEÑOS A VIGILAR EL ECUMENISMO

Clausura de la Semana de Oración por la Unidad de los Cristianos 2010

CONGRESO ECUMENISMO Y MISIÓN-Centenario Edimburgo 1910-2010


Presentó el Congreso el Delegado de ecumenismo de Madrid, Mariano Perrón. El viernes, la conferencia "Análisis histórico de la Asamblea Misionera de Edimburgo desde 1910 hasta nuestros días", fue impartida por Jacques Matthey, teólogo reformado y miembro del Consejo Mundial de las Iglesias, Ginebra (Suiza).
Image
El sábado, día 13, la conferencia "Ecumenismo y misión en Europa", la impartió Eloy Bueno de la Fuente, (Facultad de Teología de Burgos). La conferencia "Ecumenismo y misión desde África", fue impartida por In Sik Hong, Iglesia Presbiteriana de Seúl (Corea). En la tarde tuvo lugar una mesa redonda bajo el título "Ecumenismo y Misión en España", en la que participaron: Inmaculada Villa (Iglesia Católica); Máximo García (Iglesia Bautista); Juan Larios (Comunión Anglicana); Teófilo Moldovan (Iglesia Ortodoxa rumana). Moderó: Mariano Perrón, Delegado de ecumenismo de Madrid.

La jornada del sábado terminó con la conferencia "Ecumenismo y misión en África", a cargo de Carmen Márquez (Universidad Pontificia de Comillas-Madrid). Finalmente, el domingo día 14, la conferencia "Ecumenismo y misión en América Latina y el Caribe", la pronunció Carlos Ham (Consejo Mundial de las Iglesias, Secretario ejecutivo para Diaconía América Latina-Caribe). Clausuró el Congreso, Juan Pablo García Maestro, Coordinador del Congreso, UPSA-Madrid.

domingo, 14 de noviembre de 2010

SANTOS CIRILO, MONJE Y METODIO, OBISPO

Apóstoles de los eslavos y Copatrones de Europa
Eran dos hermanos. En el mundo se llamaban Constanino y Miguel. Recibieron sus nombres de Cirilo y Metodio al entrar a la vida religiosa.
Son los dos grandes apóstoles de los países eslavos, como por ejemplo: Yugoslavia, Checoslovaquia, Bulgaria, Serbia, Croacia, etc.
Nacieron en Tesalónica, Grecia. Su padre era un importante funcionario gubernamental. En su ciudad se hablaban varios idiomas, y entre ellos el eslavo. Fueron siete hermanos. Metodio era el mayor y Cirilo el menor de todos.
Cirilo y Metodio ejercieron su misión evangelizadora en el imperio de la Gran Moravia. Este Estado surgió a comienzos del siglo noveno. Su centro se hallaba en Moravia, en la actualidad parte oriental de la República Checa. También pertenecían a la Gran Moravia territorios eslovacos y su influencia se extendía hasta Bohemia.
En la Gran Moravia propagaban el cristianismo misioneros de Italia Septentrional y principalmente de la vecina Baviera. A mediados del siglo noveno Moravia ya era cristiana, mas el príncipe Rostislav, deseando obtener plena independencia con respecto al imperio franco oriental - la posterior Alemania-, solicitó al emperador de Bizancio, Miguel III, de Constantinopla, el envío de sacerdotes cultos que afianzasen el cristianismo en la Gran Moravia y estableciesen una organización eclesiástica independiente de Baviera. El emperador de Bizancio encargó la misión a dos cultos hermanos, Cirilo y Metodio, oriundos de Salónica, que dominaban la lengua eslava.
Cirilo y Metodio llegaron al imperio de la Gran Moravia en el año 863 y desarrollaron aquí una extraordinaria labor religiosa y cultural. Los hermanos Cirilo y Metodio nacieron en el seno de una familia griega radicada en Salónica. Cirilo cuya labor misionera en la Gran Moravia se extendiera durante cuatro años, aportó grande y fundamentalmente la cultura granmorava, así por ejemplo, el alfabeto compuesto de 38 letras, el que reflejaba la gran riqueza sonora del eslavo antiguo. La escritura eslava de Cirilo recibió el nombre de glagólica.
Cirilo es también el fundador de la literatura eslava. Elaborada la escritura eslava, de inmediato se enfrascó en la traducción de libros religiosos al eslavo antiguo. El primer libro traducido por Cirilo fue el evangeliario, elemento indispensable para celebrar las misas y para la catequesis. Con ayuda de sus discípulos vertió al eslavo antiguo también el misal, el apostolario y otros libros litúrgicos.
Al concluir en Moravia la traducción de los cuatro evangelios, Cirilo escribió el prólogo de esta obra, llamado Proglas. Se trata de una composición poética, escrita en versos, según los cánones griegos, considerada una obra fundamental de la literatura eslava.
Terminados sus cuatro años misioneros en la Gran Moravia, Cirilo viajó a Roma e ingresó en un convento de monjes griegos. Falleció a los 50 días de su estancia en la Ciudad Eterna, el 14 de febrero del 869. Al morir, el primer educador y maestro de los eslavos tenía tan sólo 42 años.
Metodio, hermano de Cirilo y colaborador en la misión en la Gran Moravia, nació alrededor del año 815, también en Salónica. El padre lo destinó a la carrera militar para la cual Metodio tenía notables dotes.
Disgustado por violentos sucesos en la corte bizantina, Metodio renunció al puesto de comandante militar e ingresó en un convento ubicado al pie del Olimpo. Metodio se desempeñó cómo archidiácono del templo de Hagia Sofia, de Constantinopla,y como profesor de filosofía.
Metodio fue el arzobispo metropolitano de los granmoravos, aunque no siempre encontró la comprensión y el respaldo del príncipe de la Gran Moravia, Svatopluk.
Bajo la dirección de Metodio se desarrolló la escuela literaria morava de la cual salieron las traducciones al eslavo antiguo de todos los libros del Viejo y del Nuevo Testamento. La traducción de las Sagradas Escrituras fue realizada en la Gran Moravia en ocho meses. Metodio la dictó a los escribanos que utilizaban una especie de taquigrafía.
San Metodio murió el 6 de abril del año 885 y fue enterrado en su templo metropolitano en Moravia. La tradición sitúa el lugar de su sepultura en Velehrad, Moravia del Sur. Sin embargo, el desmoronamiento del imperio de la Gran Moravia como consecuencia de las incursiones de los magiares ocasionó la destrucción de los asentamientos.  La fiesta secelebra el 14 de febrero.

viernes, 12 de noviembre de 2010

SAN JOSAFAT

Nacido en Vlomir (Volinia), su bautizo tuvo lugar en la iglesia bizantina, separada de Roma. El gran deseo de formación le lleva a Vilna, donde conoce la Fe católica adhiriéndose a ella. Desde entonces anhelaba que los ortodoxos abrazasen el catolicismo. Para lograrlo, la oración y la penitencia son sus principales armas, ingresando en el Monasterio de San Basilio.Sintiendo la llamada del Cielo, se ordena sacerdote y ejerce el ministerio por diversos lugares. El Papa Paulo V, le nombra Obispo de Polotsk. En este servicio pondrá todo su celo pastoral en bien de las almas. Pero los enemigos de la unidad, entre los que se encuentra el obispo ortodoxo Melecio, se acercan hasta Roma para contrarrestar la tarea de Josafat. Tanto crece el odio hacia el Santo, que traman un plan para asesinarle, lográndolo y arrojando su cuerpo al río. Después de cinco días aparece el cadáver, llevándole a la catedral de su Diócesis. Pero su martirio es semilla de conversión, logrando que Melecio abrace le catolicismo y haga profesión de Fe ante el Papa.

jueves, 11 de noviembre de 2010

Seminario de estudio sobre la figura del beato John Henry Newman

Jueves, 11 nov (RV).- Mañana en Roma, tendrá lugar en la Pontificia Universidad Lateranense un seminario de estudio sobre la figura del beato John Henry Newman. La iniciativa se realiza a la luz del pensamiento del beato pasionista Domenico Bárberi, quien en octubre de 1845 lo acogió en la Iglesia católica.
Intervendrán, entre otros, el padre Giovanni Velocci, quien se referirá a “La cruz en la vida y en el pensamiento de John Henry Newman”; el padre Francesco Maceri, cuya disertación se titula “El papel de la conciencia en el diálogo entre fe y razón según Newman: una ayuda para la superación de la tensión entre integrismo y nihilismo” y Mons. Mark Langham, del Consejo pontificio para la Unidad de los cristianos, quien hablará de “La Constitución apostólica Anglicanorum coetibus y sus frutos”.

NUEVA EXHORTACIÓN APOSTÓLICA SOBRE LA PALABRA DE DIOS

VERBUM DOMINI

miércoles, 10 de noviembre de 2010

martes, 9 de noviembre de 2010

CAMINOS DE UNIDAD-PERSPECTIVAS PARA EL ECUMENISMO

Ediciones Cristiandad 2005
Caminos de Unidad es un libro clave para captar la visión del Ecumenismo del Cardenal Kasper, Presidente del Consejo para la Unidad de los Cristianos...
...Al inicio del tercer milenio, el ecumenismo espiritual como el gran descubrimiento operativo y metodológico en el ámbito de la Eucumene, y es precisamente esta nueva conciencia la que está haciendo emerger las riquezas y los tesoros de bendición y de gracia que todos los cristianos, apesar de las separaciones, tenemos y compartimos en comùn.

Rowan Williams, arzobispo de Canterbury, visitará el Vaticano

50 años del dicasterio vaticano para la Promoción de la Unidad de los Cristianos

Mercoledì 17 novembre 2010, alle ore 17.00, presso la Sala San Pio X, in via della Conciliazione 5, a Roma, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani celebrerà con un atto commemorativo pubblico il 50° anniversario dell’istituzione del Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. A tale evento, presieduto da Sua Eccellenza Monsignor Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, interverranno Sua Eminenza il Cardinale Walter Kasper, Presidente Emerito, Sua Grazia il Dott. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, e Sua Eminenza il Metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Il 5 giugno del 1960, giorno di Pentecoste, con il Motu Proprio «Superno Dei Nutu», il Beato Giovanni XXIII istituiva insieme alle undici commissioni che avrebbero preparato il Concilio, un Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il primo Presidente al quale Papa Giovanni XXIII affidò la responsabilità del Segretariato fu il Cardinale Agostino Bea. Al Cardinale Bea sono poi succeduti il Cardinale Johann Willebrands, il Cardinale Edward Idris Cassidy, il Cardinale Walter Kasper e, dal 1 luglio 2010, l’Arcivescovo Kurt Koch. Nel 1988 Papa Giovanni Paolo II con la Costituzione apostolica «Pastor Bonus» cambiò il nome del Segretariato in Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Nel corso degli anni, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha curato i rapporti con il vasto mondo ecumenico sia a livello multilaterale, che attraverso contatti e dialoghi bilaterali con molte Chiese e Comunità cristiane.
La data dell’atto commemorativo è stata volutamente fatta coincidere con la Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che si terrà dal 15 al 19 novembre p.v. e si concentrerà sul tema: «Verso una nuova tappa del dialogo ecumenico». Questo sguardo al passato, rivolto al momento dell’istituzione ed al cammino intrapreso fino ad oggi, offrirà non solo l’occasione di esprimere gratitudine a Dio per coloro che hanno contribuito a far avanzare l’ecumenismo e per gli abbondanti frutti che sono stati già raccolti, ma permetterà anche di suscitare un rinnovato interesse per la causa dell’unità e ribadire la ferma volontà di proseguire il cammino verso la piena comunione di tutti i cristiani, affrontando con fiducia le sfide, anche nuove, che si presentano.

lunes, 8 de noviembre de 2010

Cinco obispos anglicanos se unen a Roma

Cinco obispos anglicanos tradicionalistas han hecho oficial esta mañana su intención de sumarse al Ordinariato inglés cuando sea establecido.


Esta mañana el arzobispo de Canterbury, Rowan Williams, aceptó la renuncia de tres obispos extra-territoriales [obispos que realizaban su ministerio para los anglo-católicos que rechazaban la ordenación de mujeres] de la Iglesia de Inglaterra y dos obispos retirados en lo que es un importante desarrollo en el movimiento hacia el establecimiento de un Ordinariato en Gran Bretaña.


El Reverendo Andrew Burnham, obispo de Ebbsfleet; el Rev. Keith Newton, obispo de Richborough, y el Rev. John Broadhurst, obispo de Fulham; junto con los Rev. Edwin Barnes, emérito de Richborough y el Rev. David Silk, auxiliar emérito de Exeter, publicaron una declaración anunciando su renuncia.


El obispo católico Alan Hopes, auxiliar de Westminster, dijo: “Damos la bienvenida a la decisión de los obispos Andrew Burnham, Keith Newton, John Broadhurst, Edwin Barnes y David Silk de entrar en la comunión plena con la Iglesia Católica a través del Ordinariato para Inglaterra y Gales, que será establecido según las provisiones de la Constitución Apostólica Anglicanorum Coetibus”.


Declaración de los obispos renunciantes:


Como muchos otros en la tradición anglo-católica, hemos seguido en la oración y el anhelo el diálogo entre los anglicanos y los católicos, el proceso denominado ARCIC. Nos ha afligido ver cómo anglicanos y católicos se han alejado, en los últimos treinta años, en distintos temas, y particularmente nos ha consternado ver distintos desarrollos en asuntos de fe y orden en el anglicanismo que, creemos, son incompatibles con la vocación histórica del anglicanismo y la tradición de dos mil años de la Iglesia.


La Costitución Apostólica Anglicanorum Coetibus, dada en Roma el 4 de noviembre de 2009, fue una respuesta a los anglicanos que buscan la unidad con la Santa Sede. Con los ordinariatos, se establecen estructuras canónicas por medio de las cuales podremos llevar nuestra experiencia de discipulado cristiano a la comunión plena con la Iglesia Católica que abarca todo el mundo y todas las épocas. Se trata de una respuesta generosa a los distintos acercamientos pidiendo ayuda a la Santa Sede, y también se trata de un nuevo y valiente instrumento ecuménico para la búsqueda de la unidad de los cristianos, unidad por la que Cristo mismo oró antes de Su Pasión y Muerte. Se trata de una unidad que, creemos, es posible sólo en la comunión eucarística con el sucesor de San Pedro.


Como obispos, hemos cuidado de todos, de los que comparten nuestra posición y de aquellos que han tomado una postura diferente. Ahora hemos llegado al punto en el que debemos declarar formalmente nuestra posición e invitar a otros a unírsenos en nuestro viaje. Por lo tanto, cesará inmediatamente nuestro ministerio episcopal público, renunciando a nuestras responsabilidades pastorales en la Iglesia [anglicana] de Inglaterra. Esto tendrá efecto a partir del 31 de diciembre de 2010. Buscamos unirnos a un Ordinariato cuando éste sea creado.


Permanecemos agradecidos por todo lo que la Iglesia [anglicana] de Inglaterra ha significado para nosotros y por todo lo que nos ha dado en estos años, y esperamos mantener una relación cercana y cálida, orando y trabajando juntos por la venida del Reino de Dios.


Apreciamos profundamente el apoyo que hemos recibido en este tiempo difícil: el apoyo de arzobispos y obispos, de clérigos y laicos, de anglicanos y católicos, de aquellos que están de acuerdo con nuestra posición y de aquellos que están fervientemente en desacuerdo, de aquellos que nos han animado a dar este paso, y de aquellos que nos han urgido a no darlo.


Rev. Andrew Burnham
Rev. Keith Newton
Rev. John Broadhurst
Rev. Edwin Barnes
Rev. David Silk

viernes, 5 de noviembre de 2010

LOS FRUTOS DE LA VISITA DE BENEDICTO XVI

REVOLUCIÓN TRANQUILA-BENEDICTO XVI

El rottweiler alemán. Es uno de los apodos con los que se conoce a Benedicto XVI, que responde a su supuesto carácter difícil. Lejos de esto, del Gran Inquisidor, la más extensa biografía del Papa le define como un hombre afable, sencillo y con un gran sentido del humor. Es la radiografía que Pablo Blanco Sarto, profesor de Teología de la Universidad de Navarra, hace del Pontífice en Benedicto XVI. El Papa alemán (Planeta).
¿Quién es Benedicto XVI?
Un hombre sencillo, cordial y cercano, para nada altivo o prepotente, y un gran intelectual. Es alegre y muy irónico; no es un hombre de carcajada, pero sí de sonrisa. Incluso en 1989 recibió el Premio Karl Valentin por su sentido del humor.
Describe a un hombre alejado de la imagen un tanto distante que tenemos de él.
Esa imagen corresponde a un cliché apresurado. No es el Gran Inquisidor, es un tipo que dice cosas sensatas, incluso bonitas. Aunque a veces la puesta en escena de Benedicto XVI no es perfecta.
¿En qué falla?
En detalles que un asesor de imagen no pasaría. Cuando fue elegido Papa, apareció en el balcón de San Pedro con un jerseicillo por debajo de las vestimentas papales. Tampoco es escénicamente tan perfecto como era Juan Pablo II.
¿Pero es un buen líder?
Sí. No tiene la simpatía externa de su antecesor, pero sí una gran capacidad de empatía. Tiene grandes virtudes, como su inteligencia: entiende los problemas, dialoga y comprende al contrario.
¿Es un hombre abierto a los cambios sociales o científicos?
Se hace cargo de los cambios pero se ve en la obligación de anunciar la verdad de Jesucristo. Ya en 1985 publicó un documento en el que decía que a los homosexuales había que tratarles con toda la delicadeza, que los gays cristianos eran tan cristianos como cualquier otro.
Con Joseph Ratzinger al frente, ¿la Iglesia católica se irá abriendo?
No es un hombre de rompe y rasga, avanza con paso lento. Benedicto XVI puede hacer una revolución tranquila, silenciosa, que llevará grandes sorpresas.
En sólo cinco años ha gestionado grandes escándalos. El último, el de la pederastia.
Él es el abanderado número uno de la tolerancia cero con los abusos sexuales, y ha cogido el toro por los cuernos.
¿A qué retos se enfrenta?
El principal es la unidad de los cristianos, un tema muy de Ratzinger. Y también el entendimiento con otras religiones. Su razón es abierta, la religión de los sentimientos.
¿Qué supone esta visita?
Es una buena oportunidad para Barcelona. Será un viaje rentable, en términos económicos y espirituales.