viernes, 17 de diciembre de 2010

Cristiani ed ebrei hanno discusso in ebraico sul Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente

Dopo il ritorno dei vescovi di Terra Santa dall’Assemblea speciale del Sinodo per il Medio Oriente, si moltiplicano le iniziative nei Paesi, per presentare ai fedeli e a tutti coloro ai quali interessa la riflessione, le questioni che sono state studiate, le domande che si sono poste e i mezzi per mettere concretamente in opera le 44 risoluzioni finali che sono state pubblicate in occasione di questo tempo intenso per la Chiesa della regione.
Uno degli incontri è stato tenuto a Gerusalemme mercoledì 15 dicembre. La sua duplice originalità è consistita, in primo luogo, nel fatto che tale incontro è stato organizzato dall’Assemblea degli Ordinari di Terra Santa in collaborazione con l’Istituto di Gerusalemme per gli studi su Israele (Jerusalem Institute for Israel Studies – JIIS), il Centro di Gerusalemme per le relazioni giudeo-cristiane (Jerusalem Center for Jewish-Christian Relations JCJCR), e il Consiglio di coordinazione interreligiosa in Israele (Interreligious coordinating Council in Israel ICCI) e in secondo luogo, nel fatto che si è svolto in ebraico.
Il primo pannello di oratori era costituito da persone che hanno vissuto il sinodo dall’interno.
Monsignor William Shomali, vescovo ausiliario del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha ripreso le intenzioni e le finalità del Sinodo. Egli è stato l’unico oratore a esprimersi in inglese.
Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha parlato - come durante l’Assemblea di Roma - dell’Universalità della Chiesa di Terra Santa.
Padre David Neuhaus, vicario patriarcale incaricato della comunità cattolica di lingua ebraica, ha evocato il ruolo importante della lingua ebraica al sinodo, descrivendolo come una piacevole sorpresa per gli israeliani.
In quest’occasione infatti, e per la prima volta, Radio Vaticana ha aperto una pagina quotidianamente aggiornata in ebraico, e ha fatto traduzioni e interviste. Questo lavoro, sostenuto finanziariamente dalla Custodia di Terra Santa, è stato assicurato durante l’Assemblea da Hanna Bendcowsky, del Centro di Gerusalemme per le relazioni giudeo-cristiane. Questo servizio è destinato a continuare, ma dovrà conoscere un’interruzione, il tempo di creare una equipe capace di assicurarlo sul lungo termine.
Anche Hanna Bendcowsky, israeliana ed ebrea, è quindi intervenuta, per condividere la sua esperienza in mezzo ai prelati e la sua percezione della dinamica del sinodo. Lei, tra le altre cose, non si immaginava certo che un giorno si sarebbe trovata in pantaloni, intenta a fumare il sigaro e bere un caffè con degli uomini in abito, tantomeno con dei cardinali in Vaticano! C’era qualcosa di surreale e di appassionato nel modo in cui Hanna ha vissuto le relazioni giudeo-cristiane e come il Centro di Gerusalemme le trasmette. La riunione, d’altra parte, si è aperta con un minuto di silenzio in memoria di Daniel Rossing, fondatore del centro, recentemente deceduto.
Prima di Hanna, si è espresso il sig. Soubhi Makhoul, diacono e amministratore dell’Esarcato maronita a Gerusalemme, che ha parlato della presenza dei laici (da intendersi nella Chiesa nell’accezione di cristiani impegnati ma “non clericali”), in particolare i giovani e le donne nei lavori del Sinodo.
Dopo queste prime brevi testimonianze, altri tre interventi di ebrei israeliani sono tornati in linea più generale, sulle difficoltà che persistono nel dialogo tra ebrei e cristiani, e specificamente in Israele sull’ignoranza e/o l’indifferenza degli ebrei verso il cristianesimo, alimentando le solite polemiche.
Il signor Amnon Ramon, ricercatore presso l’Istituto di Gerusalemme per gli studi su Israele, ha enunciato i temi principali del Sinodo.
Il Rabbino Ron Kronish, direttore del Consiglio di coordinazione interreligiosa in Israele, ha parlato della necessità di un migliore insegnamento del cristianesimo nel paese.
La signora Yisca Harani, ricercatrice specializzata di cristianesimo, è tornata a parlare della ricezione del Sinodo in Israele.
Al termine di questi interventi il rappresentante del Ministero degli affari esteri israeliano ha sottolineato, a ragione, che la presenza cristiana in Israele è aumentata di numero e che non dovrebbe subire pressioni. Egli ha espresso la sua delusione per il fatto durante l’Assemblea dei vescovi, delle voci al margine del sinodo, ma a grande risonanza mediatica, si sono levate contro Israele.
L’auditorium dell’Istituto di Gerusalemme per gli studi su Israele si è rivelato troppo piccolo per accogliere tutte le persone venute ad ascoltare questo colloquio. La maggioranza era composta da israeliani, ma si è anche notata una forte presenza di cristiani insediati in Israele, tra cui parecchi membri della comunità cattolica di lingua ebraica.
Questo scambio e gli incontri che esso ha permesso, si inscrivono in un continuo sforzo di dialogo e di comprensione reciproca. Se il Sinodo si è soffermato più a lungo sulle relazioni tra il cristianesimo e l’islam è perché, di fatto e come ha ricordato Monsignor Shomali, la presenza cristiana in Medio Oriente è minoranza in un ambiente a maggioranza musulmana.
Ricordiamo che i Paesi musulmani rappresentati al Sinodo erano l’Egitto, gli Emirati, l’Iran, l’Iraq, la Giordania, il Kuwait, il Libano, la Siria, la Turchia, Djibouti, la Tunisia, il Marocco, la Libia, l’Algeria. E anche qui in Terra Santa, Israele e Territori palestinesi, tra ebrei e musulmani, la cristianità è minoranza.
Ciononostante alcune domande che si pongono nella relazione dei cristiani con l’islam e i musulmani, sono le stesse che si pongono con il giudaismo e gli ebrei. Come conoscersi meglio, come aprirsi o perseguire un dialogo rispettoso, quali sono i diritti e i doveri per i cristiani nei paesi dove la religione condiziona la vita dei cittadini? Etc.
Un dibattito troppo appassionato per concludersi in breve tempo.

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